Ecco a voi l’intervista rilasciata da Alessio Fintschi a My Football Social per la rubrica: “ Osservatore nel pallone ”.
– Salve, può spiegare ai nostri lettori in che cosa consiste la sua professione?
Salve, la mia professione nella mia esperienza passata e attuale, consiste nel ricercare, valutare e selezionare calciatori principalmente nella fascia di età tra gli 11 e i 19 anni, (ossia dalla categoria Esordienti alla Primavera ) appartenenti a società dilettantistiche o professionistiche, principalmente a Roma e provincia, per poi proporli ad Agenti o Società a seconda del tipo di collaborazione intrapresa.
– Quali sono stati i suoi primi passi all’interno del mondo del calcio?
Già da quando avevo 13-14 anni, seguivo ed ero molto informato riguardo il calcio, soprattutto a livello giovanile e mi ha sempre affascinato lo “scouting” e il calciomercato. Non ho giocato a calcio a livello agonistico, ma ho sempre pensato, come disse Arrigo Sacchi, che “per fare il fantino non bisogna essere stati un cavallo”. Il mio obiettivo era di lavorare nel mondo calcistico e all’età di 21 anni nel 2010 ho ottenuto l’abilitazione all’attività di Agente dopo aver sostenuto l’esame. In seguito ho iniziato a collaborare con procuratori più o meno noti e con società dilettantistiche, attualmente seguo le categorie giovanili sopra citate in ambito dilettantistico regionale.
– Cosa significa fare l’osservatore al giorno d’oggi?
A livello personale prima di tutto significa avere una passione enorme verso questo tipo di attività, che comporta notevoli sacrifici sotto tutti i punti di vista. Logicamente poi ognuno ha la sua esperienza e soprattutto dipende moltissimo oltre che dalle capacità, anche dalle conoscenze e dal background in ambito calcistico. Dal punto di vista lavorativo credo che a livello giovanile le metodologie e l’agenda lavorativa siano abbastanza simili a qualche tempo fa, magari un maggiore utilizzo informatico e di tecnologie. Sicuramente invece ci sono un elevato interesse verso la professione, un’intensa concorrenza e copertura del territorio da parte delle società e agenzie oltre ad una grande attenzione mediatica nei confronti del calcio giovanile.
– Cosa guarda lei in un giovane calciatore?
Per quanto mi riguarda, è un fatto particolarmente istintivo, di sensazioni che ti suscita il giocatore in quell’istante, possono bastare 5 minuti o una gara intera, a seconda della partita. Detto questo, posso dire che nel corso della mia esperienza ho aumentato il mio raggio di competenza e anche le mie capacità di osservazione, modificando e dando importanza ad alcuni parametri piuttosto che ad altri. Ci sono un’ infinità di elementi da prendere in considerazione, anche a seconda del ruolo e dell’età, ma a mio avviso la tecnica, la coordinazione e la struttura fisica sono gli elementi principali. Poi logicamente per quanto riguarda l’aspetto comportamentale, la personalità, la continuità e il sacrificio sono elementi importantissimi che spesso fanno la differenza.
– Utilizza software specifici per svolgere la Sua attività di Scouting? Se si, quali?
No, non utilizzo software particolari al momento nella mia attività, credo che sul campo i tradizionali “carta e penna” sono ancora gli strumenti più utili, anche se può essere utile realizzare foto, video o registrazioni audio. Ritengo comunque importante e necessario poi riportare e conservare tramite computer, appunti, relazioni, schede e un database dell’attività, in questo senso ci sono moltissimi programmi attualmente che possono aiutare in tale lavoro.
– Ci dice un pregio e un difetto della sua professione?
E’ una domanda complessa a cui rispondere, come pregio indicherei il fatto che riesci a trasformare una tua passione in un qualcosa di concreto e ti dà soddisfazione quando ti accorgi di aver valutato un giocatore in modo corretto. Come difetti ce ne sarebbero parecchi, oltre i tanti sacrifici, principalmente il fatto che ti scontri con un mondo particolarmente chiuso in certe dinamiche, che dà poco spazio a chi è fuori da determinate conoscenze.
– La sua attività si svolge prevalentemente in Italia o all’estero?
Per ora la mia attività si svolge solo in ambito regionale e nazionale, ma per pura passione seguo abbastanza, soprattutto dal punto di vista statistico, i campionati esteri cercando di trovare calciatori giovani che potrebbero avere un futuro importante.
– Che differenze calcistiche ci sono tra la cultura italiana e quella delle altre nazioni?
Credo che l’Italia abbia un’enorme cultura e tradizione calcistica con pochi eguali al mondo, il problema è che negli ultimi vent’anni il calcio si è evoluto in tutti i paesi, anche in quelli più neofiti calcisticamente. In Italia stiamo rimanendo invece un po’ indietro sotto tanti punti di vista (gestionale, strutturale, dirigenziale) e questo si riflette sull’andamento prettamente tecnico. Detto questo abbiamo ancora ottime realtà e basterebbe poco per tornare a grandi livelli, l’arrivo di capitali dall’estero è un segnale importante su cui costruire. Per quanto riguarda le altre nazioni, molte hanno capito con netto anticipo l’importanza negli investimenti sulle strutture, inoltre c’è maggiore attenzione alla formazione del giovane calciatore sotto tutti i punti di vista e una concezione del settore giovanile e dello scouting più professionale. Per concludere lo stile di gioco è più portato alla costruzione e alla fase offensiva, mentre da noi tendiamo troppo a coprire gli spazi difensivamente e distruggere il gioco piuttosto che crearlo.
– Quali sono i calciatori che ha scoperto di cui va più fiero?
Come prima cosa devo dire che il termine “scoperto” non lo trovo adatto e troppo abusato nel calcio, conoscendo l’attività di scouting che c’è in alcuni livelli, posso ritenere una scoperta un ragazzo che viene selezionato nelle categorie pulcini o esordienti, con il passare dell’età la maggior parte degli addetti ai lavori conoscono determinati profili. Per questo ritengo più giusto dire che ho dato delle valutazioni corrette, come ad esempio nel caso di tutti quei giocatori lanciati da Roma e Lazio che giocano in Serie A o B, che avevo promosso quando non avevano ancora 17 anni. Più soddisfazione mi hanno dato le valutazioni date per giocatori che giocavano nei Giovanissimi o Allievi di società dilettanti, che ora giocano tra i professionisti. Potrei fare decine di nomi, ad esempio per notizie che ho letto in questi giorni, potrei dire Michael Folorunsho, centrocampista 1998 della Primavera della Lazio, che seguivo nel Savio quando aveva 15 anni e ancora giocava con gli Allievi Fascia B, prima di passare con l’allora gruppo dei ’97. Oppure Francesco Deli, centrocampista 1994 passato al Foggia in questo mese, dopo aver collezionato 100 presenze nella Paganese in Lega Pro, che seguivo quando giocava a 16-17 anni negli Allievi dell’Atletico Roma prima e nella Juniores del Palestrina successivamente. Continuando potrei citare per quello che sta facendo ultimamente Eduardo Loglio, attaccante classe ’97 del Racing Roma, autore di 11 presenze e 4 gol in Lega Pro, giocatore che avevo individuato negli Allievi della Romulea nella stagione 2013-2014.
Potrei continuare citandone veramente tanti, tra cui Crocchianti (Spezia), Celli (Lupa Roma), Samb (Ancona), De Francesco (Reggina) e ce ne sono altri che negli anni ho visto giocare in ambito dilettantistico. Nella zona di Roma ci sono società che lavorano molto bene nelle formazione dei giovani.
– Perché secondo lei in Italia si punta ancora così troppo poco sui giovani?
E’ un dato di fatto e credo che faccia parte di un discorso più complesso che riguarda la struttura dei campionati, l’eccessivo utilizzo di calciatori stranieri (anche nei campionati giovanili), dinamiche di mercato, pochi investimenti e scarsa efficienza sia nel settore giovanile che nel reparto scouting. Negli ultimi anni c’è una discreta inversione di tendenza in termini di attenzione, come dimostra la riforma dei campionati giovanili a livello nazionale e gli acquisti di giovani talenti italiani in quest’ultimo mercato, penso a Gagliardini, Caldara e Orsolini ad esempio. Sono sicuramente dei passi in avanti, però anche in questo caso se andiamo ad analizzare i costi di trasferimento, possiamo dire che probabilmente il settore scouting delle grandi squadre non abbia funzionato al meglio, visto che lo scopo di tale attività è individuare i prospetti dei migliori giocatori prima che acquisiscano prezzi importanti. Ad avvalorare il fatto, parliamo di ragazzi con grande visibilità, che sin da giovanissimi hanno giocato in campionati giovanili nazionali, nelle rispettive rappresentative e anche con diverse esperienze nei professionisti.
– Cosa consiglia ad un giovane calciatore che vuole diventare un professionista?
Io credo che calciatori si nasce e professionisti si diventa, intendo dire che c’è una selezione naturale data dalle qualità e una dovuta ad un’infinita serie di fattori che si incontrano durante la carriera. Detto questo, avendone visti molti, più o meno a parità di qualità, posso consigliare di impegnarsi al massimo sia in partita che in allenamento e capire che il modo di comportarsi dentro e fuori dal campo è molto importante. Poi, a livello di gioco, avere continuità e concentrazione nell’arco della gara, soprattutto ragionare il più veloce possibile nelle scelte da fare perché più il livello tecnico aumenta, e minore è il tempo esecutivo per la giocata.
– Cosa ne pensa di My Football Social come social network che permette a calciatori,agenti,osservatori,allenatori ecc…di crearsi una propria rete contatti e pubblicizzare il proprio profilo a livello internazionale.
Penso sia un’ottima novità in un periodo come questo, il sito è ben strutturato e offre possibilità di lavoro utili e infine penso che le interviste possano aiutare a far capire meglio le varie sfaccettature a chi è interessato a questo settore o spunti a chi ne fa già parte.