Ecco a voi l’intervista rilasciata da Claudio Damiani a My Football Social per la rubrica: “ Osservatore nel pallone ”.
– Salve, può spiegare ai nostri lettori in che cosa consiste la sua professione?
E’ la terza stagione che dopo aver accantonato l’attività di allenatore mi dedico allo studio delle squadre avversarie presso le società per cui lavoro eseguendo la mansione di match & video analyst. Ciò avviene attraverso la visione di partite dal “vivo” e a video; il prodotto finale dei miei sforzi si traduce in un una parte cartacea che descrive le caratteristiche della squadra che si andrà ad incontrare, comprendente altresì le caratteristiche generali dei singoli, e una corposa parte “video” che tratta:
–le fasi di gioco dinamiche (possesso, non possesso e transizioni);
–le fasi di gioco statiche (palle inattive a favore e contro);
–delle mini clip dei singoli giocatori avversari;
–la natura delle reti fatte e subite nell’arco della competizione;
–un video tattico per la fase difensiva dei nostri portieri.
In pratica tutto ciò che risulta scritto nel report cartaceo, dovrà corrispondere a ciò che lo staff poi vedrà nel monitor in sede di riunione tecnica.
– Quali sono stati i suoi primi passi all’interno del mondo del calcio?
Ho iniziato a giocare da bambino come fanno in tanti grazie a una passione trasmessa da mio padre che sin dall’età di 6 anni mi portava a vedere le gare del Venezia. Da lì ho fatto tutte le categorie ma giocando al massimo fino all’allora Interregionale (attuale Serie D). Nel 1999 ho ottenuto il primo patentino da allenatore, per poi conseguire a Coverciano il Diploma Uefa A nel 2016. Da primo allenatore ho lavorato con Settori Giovanili dilettanti e professionistici, dai Giovanissimi Nazionali alla Berretti; a livello di prima squadra ho allenato fino alla Serie D.
– Cosa significa fare l’osservatore al giorno d’oggi?
Significa rappresentare una categoria ancora non del tutto riconosciuta e svolgere un’attività difficile, fatta di viaggi e relazioni, spesso poco remunerata e considerata per l’importanza che il ruolo assume. Nonostante il Settore Tecnico abbia inaugurato dal 2015 i corsi per Osservatori di Club Professionistici (il sottoscritto ha preso parte al primo), esiste ancora molta perplessità sull’identificazione del ruolo che viene ricoperto spesso da figure poco competenti, ma “adattate” e poco “gravose” nei bilanci dei club. Personalmente ho la fortuna di lavorare in un club di prim’ordine con un’Area Scouting di altissimo livello, che guarda per prima cosa alla qualità del collaboratore e alla valorizzazione dei rapporti interpersonali.
– Cosa guarda lei in un giovane calciatore?
Se parliamo di giovani, al di là delle capacità tecnico tattiche occorre guardare in prospettiva, ovvero:
–i margini di miglioramento;
–dove può essere collocato all’interno di un sistema di gioco;
–I margini di crescita sotto l’aspetto fisico (per alcuni ruoli).
–le caratteristiche caratteriali e il contesto socio-culturale in cui vive ed è cresciuto.
Per giocatori “adulti” il discorso è diverso e dipende da altre variabili.
– Utilizza software specifici per svolgere la Sua attività di Scouting? Se si, quali?
Utilizzo il software di analisi e montaggio di Sics (Videomatch, abbinato all’App corrispondente per Ios VMLiveScout) e WyScout per prelevare video sempre legati all’analisi di particolari situazioni di gioco o per visionare giocatori “obiettivo”. Per comporre il report cartaceo (Team Studio), lavorando in ambiente Mac, utilizzo Keynote, omologo di PowerPoint di Windows.
– Ci dice un pregio e un difetto della sua professione?
Mi adatto alle esigenze dello staff e del mio referente dell’area Scouting e nel corso di questa stagione mi ritrovo a dover viaggiare molto e allo stesso tempo lavorare come video analista: il problema è ottimizzare i tempi per consegnare il lavoro allo staff in tempi utili. Il contro forse è questo: il dover lavorare di fretta a causa dei frequenti viaggi da sostenere. I video analisti “tradizionali” seguono la squadra e lavorano sia sulla prestazione ultima di questa che sulle gare degli avversari (ma solo “a video”). In altre strutture professionistiche vi è un’altra figura che lavora solo sul cartaceo andando a visionare l’ultima gara della successiva avversaria da affrontare. Diciamo che a differenza di ciò che succedeva nella stagione in cui collaboravo con il Napoli, svolgo un lavoro molto più ampio. Ciò comunque mi riempie di orgoglio in quanto mi rendo conto che il club si basa molto sulla mia attività e inoltre, grazie anche allo staff di Mister Inzaghi, sto apprendendo nuovi rudimenti e metodologie sulla sulla preparazione delle partite.
– La sua attività si svolge prevalentemente in Italia o all’estero?
Lavoro prettamente in Italia andando a visionare partite negli stadi dei club avversari e segnalando eventualmente i giocatori che mi hanno maggiormente impressionato, in linea con gli obiettivi societari.
– Che differenze calcistiche ci sono tra la cultura italiana e quella delle altre nazioni?
A livello di scouting e di match analysis siamo ancora molto indietro, in quanto siamo partiti molto più tardi. Fino a tre anni fa il mestiere di match analyst nel nostro paese era svolto in modo professionale da una ventina di persone; ora non si fa che parlare di analisi tattiche e video. La differenza sostanziale è che in paesi in cui questa attività è oramai radicata e costituisce un tassello fondamentale nell’organigramma di un club, qui in Italia ci sono video analisti che non hanno mai fatto una panchina, nemmeno fra i dilettanti e analizzano partite di serie A, B e Lega Pro. Sono deciso nel dire che come un buon allenatore deve saper leggere una partita (prima con la tattica di principio) e durante la gara (con la tattica applicata), un video-match analyst deve prima di tutto essere un buon allenatore. Qui in Italia si continua a far lavorare o lo stagista ventenne perchè costa poco o l’amico dell’amico che non ha esperienza, o chi (e ciò costituisce il male ancor peggiore), lavora gratis mandando a quel paese la credibilità di un movimento che fatica ad uscire dal limbo.
– Quali sono i calciatori che ha scoperto di cui va più fiero?
Per esigenze societarie, pur facendo parte dell’area scouting, ho lavorato sempre a stretto contatto con lo staff tecnico che si è succeduto, sull’analisi degli avversari. C’è comunque un giocatore della nostra Prima squadra che ho seguito da vicino nel corso della scorsa stagione, ho consigliato e attualmente sta giocando il suo primo campionato da professionista, con merito e personalità.
– Perché secondo lei in Italia si punta ancora così troppo poco sui giovani?
Come detto in altre occasioni, sono infatti poche le società calcistiche che curano l’aspetto del vivaio in modo veramente motivato e che si pongono l’obiettivo di portare i ragazzi dalle giovanili in prima squadra. Il calcio di oggi è mosso da diverse dinamiche (trading/plusvalenze, Agenti, fondi d’investimento, sponsorizzazioni), che fanno passare in secondo piano o quasi, la crescita dei ragazzi del settore giovanile. La vittoria “a tutti i costi” assume importanza fondamentale e imprescindibile.
Molti elementi arrivati all’ultimo anno di Primavera o “Berretti” hanno seri problemi di collocazione e in molti, si ritrovano a dover giocare da lì a due mesi, in campi dilettantistici. Vi sono altresì troppi procuratori o pseudo tali che creano false aspettative ai ragazzi, allenatori non sempre qualificati nelle attività di base (fondamentale e delicata per le capacità di apprendimento che hanno i piccoli calciatori in quelle fasce di età). La situazione economica del paese inoltre, si riversa anche nel nostro sport quando molti direttori o presidenti, pur di risparmiare qualche soldo, assumono per l’appunto collaboratori tecnici poco adatti, per non dire dannosi. E per ultima cosa, senza fare di tutta l’erba un fascio, un problema enorme è rappresentato da molti genitori che creano false aspettative ai loro figli, credendo che un giorno potranno diventare quei campioni che loro non sono mai riusciti ad essere: molti ragazzi lasciano precocemente, delusi dal fatto di non aver soddisfatto la fame di gloria del papà o della mamma, anziché essere educati ad interpretare lo sport per quello che è.
– Cosa consiglia ad un giovane calciatore che vuole diventare un professionista?
Giocare, giocare e giocare con passione, porsi degli obiettivi, dei sogni e se proprio, in un futuro prossimo deve appoggiarsi a delle persone “del ramo”, lo faccia informandosi preventivamente. Ascoltare tanto (con attenzione) e parlare poco (con intelligenza). Andare al campo ma senza dimenticare l’importanza dello studio. E comunque, al di là dello sport, non desistere mai alle prime difficoltà: sono proprio le cadute che portano a ricominciare con un maggiore bagaglio d’esperienza.
– Cosa ne pensa di My Football Social come social network che permette a calciatori,agenti,osservatori,allenatori ecc…di crearsi una propria rete contatti e pubblicizzare il proprio profilo a livello internazionale.
In un’epoca come questa, in cui i Social Network sono protagonisti della nostra quotidianità mi pare un’ottima iniziativa che permette di mettere a contatto gli addetti ai lavori di un canale unico, quello del nostro sport preferito.